XXX Domenica del Tempo Ordinario – Anno C
La preghiera del fariseo e quella del pubblicano. «Chi si innalza sarà umiliato, e chi si umilia sarà innalzato».
Come sei buono, mio Dio! Come sei buono a preservarci dai pericoli che ci minacciano, contro questo pericolo di una preghiera, di un ringraziamento orgoglioso e senza carità!… Come sei buono a mostrarci ad una ad una le qualità che deve avere questo atto così importante della preghiera, «nostro colloquio con te», e a far comprendere chiaramente ciascuna di esse con una parabola. Ci hai appena mostrato in successione la fede, la costanza che deve avere la preghiera; ora ci mostri l’umiltà di cui deve essere piena!… Come sei buono a insegnare così ai tuoi poveri figli tutto quello di cui hanno bisogno!…
Umiliamoci!! Umiliamoci nella preghiera, sempre; quando mai dobbiamo umiliarci di più se non quando siamo soli con Dio, noi così sporchi, così peccatori, così ingrati, così mancanti, lui così grande e così santo! Umiliamoci in tutto! In pensieri, in parole, in azioni; abbiamo una bassa opinione di noi stessi, non lasciamo che il nostro spirito vaghi in vane e orgogliose fantasticherie, manteniamolo in questa umiltà che è verità… Le nostre parole, il nostro tono, il nostro amore del silenzio, siano pieni di umiltà… Tutti i nostri atti, il nostro comportamento, i nostri gusti, il nostro modo di vivere, gli oggetti materiali a nostro uso, il nostro modo di agire, la scelta delle nostre relazioni, il nostro amore per l’abiezione siano conformi alla più profonda umiltà.[1]
[1] M/395, su Lc 18,9-14, in C. de Foucauld, Cerco i miei amici tra i piccoli. Meditazioni sul Vangelo secondo Luca, Centro Ambrosiano, Milano 2024, 247-248.
 
								