XXII Domenica del Tempo Ordinario – Anno C
«Quando preparate una cena o un pranzo, non invitate i vostri amici, né i vostri fratelli, né i vostri genitori, né i vostri vicini ricchi… ma invitate i poveri, i deboli, gli zoppi, i ciechi»…
Come sei buono, mio Dio, a volere che non solamente diamo a tutti gli uomini, a tutti i tuoi figli, quello che possiamo dar loro come beni spirituali, dottrina cristiana, predicazione del Vangelo, mezzi di santificazione, le sole cose che, in fondo, hanno un valore reale, le sole che durano eternamente; no, ci potrebbe sembrare che bastino questi beni, tanto superiori agli altri da sembrare essi soli dei beni e che tutto il resto vicino ad essi sia un nulla: ma non è abbastanza per la tua delicatezza, per la tua paterna tenerezza; vuoi che non ci accontentiamo di dare agli uomini i beni dell’anima: vuoi che dopo averli dati loro, nella misura in cui possiamo, vi aggiungiamo le dolcezze dei beni terrestri e delle consolazioni del cuore… Come sei divinamente buono!
Non usiamo il nostro tempo, le nostre risorse, i nostri beni, quello che abbiamo e quello che siamo, per parlare di Dio ai giusti, per fare dei regali ai ricchi, per far piacere ai felici… ma per chiamare a Dio i peccatori, per dare ai poveri quello che manca loro, per consolare gli sventurati… Oh! senza dubbio bisogna amare i buoni, i ricchi e i felici! Gesù amava Maria, Lazzaro e le sue sorelle… Tutti gli uomini sono membra di Gesù, membra del suo corpo (come materia prossima o remota della sua Chiesa)[1]; tutti a questo titolo hanno diritto a un immenso e religioso amore da parte nostra: membra di Gesù! Qualche cosa di Gesù! una porzione di Gesù! Quale venerazione, quale rispetto, quale amore per ciascuno di loro… Tutti, tutti, noi dobbiamo loro lo stesso immenso amore, ricchi, poveri, buoni, cattivi, felici, tristi, poiché tutti sono membra di Gesù, sono qualche cosa di Gesù… ma se Gesù venisse a noi, con una parte delle sue membra ferite, sofferenti, insanguinate, inferme, oh, senza dubbio cureremmo le sue membra doloranti, sanguinanti, prima di profumare i capelli (benché i suoi capelli siano degni di ben più dei profumi che la terra e i cieli possono produrre): ungere di acqua di rose le sue membra sane e lasciar là le parti del suo corpo ferite, sanguinanti, senza prendercene cura, oppure voler prendercene cura solo dopo aver ben profumato le altre, questo non sarebbe amore, ma follia… Così farebbe colui che si prendesse cura dei ricchi, dei giusti, dei felici, prima di prendersi cura dei peccatori, dei poveri, dei tristi: colui che facesse così farebbe una follia, come è evidente, disobbedirebbe alla parola così netta di Nostro Signore in questo passaggio, non imiterebbe il suo esempio perché egli «è venuto a cercare non i giusti, ma i peccatori»[2], è venuto «non per i sani, ma per i malati»[3], si è circondato di poveri, ha vissuto tra i poveri, consolato i poveri, chiamato a Lui «tutti quelli che sono stanchi e oppressi[4]».[5]
[1] I concetti di materia remota e materia prossima erano spesso utilizzati dalla teologia sacramentaria − al tempo di Charles de Foucauld − per indicare la cosa o l’atto sensibile in sé (materia remota) e la sua applicazione o uso (materia prossima). Qui, e in altre meditazioni (M/374; M/390), egli riprende i due termini probabilmente per sottolineare che ogni uomo appartiene al Corpo “mistico” di Cristo certamente grazie alla vita cristiana e sacramentale (materia prossima), ma ancor prima a motivo della “semplice” condivisione della natura umana (materia remota).
[2] Cfr. Lc 5,32.
[3] Cfr. Lc 5,31.
[4] Cfr. Mt 11,28.
[5] M/374, su Lc 14,12-14, in C. de Foucauld, Cerco i miei amici tra i piccoli. Meditazioni sul Vangelo secondo Luca, Centro Ambrosiano, Milano 2024, 313-315.